Pubblicati da Lele Viola

Andare per borgate 9

La casa rurale delle nostre valli era in genere di tipo unitario, cioè accoglieva sotto lo stesso tetto il ricovero per gli animali (stalla e fienile) e la parte abitativa (cucina e stanze).
La soluzione consentiva di non avere problemi gestionali in caso di forti nevicate e di massimizzare l’isolamento termico. La stalla, in genere con volta a botte, era sovente l’unico luogo caldo della casa, grazie al tepore animale e al sovrastante fienile, e serviva, oltre che allo scopo originario, da soggiorno, da laboratorio artigianale e da salone di ricevimento per le serate fra vicini, le vijà, momenti forti di socializzazione in tempi ancora fortunatamente privi di scatole parlanti, telenovelas e quiz a premi.

Andare per borgate 8

Dopo la triste ma necessaria divagazione fiscale, ritorniamo sul terreno più scorrevole dell’agricoltura, dell’allevamento e dell’architettura. Abbiamo già visto che i primi due termini costituiscono in montagna un binomio inscindibile, capace di garantire la sopravvivenza di una numerosa popolazione e di mantenere intatta la fertilità per i futuri abitanti. La terza parola, architettura, è anch’essa strettamente legata alle prime due, anzi, ne diventa in qualche modo il risultato tangibile, la materializzazione.

Andare per borgate 7

Ho fatto cenno la volta scorsa al fatto che molte notizie degli Archivi Comunali si ricavano dai documenti relativi a tasse e imposte. Se vogliamo sapere quanti animali c’erano in un dato anno basta sfogliare i Ruoli dei Contribuenti per la tassa sul bestiame e fare le relative somme.
Vorrei fare una piccola digressione proprio su questo tema, prima di riprendere il percorso su agricoltura, architettura  e paesaggio.

Andare per borgate 6

“L’uomo non separi ciò che Dio ha unito”. Il monito evangelico vale a mio parere in molti altri aspetti del vivere  e non solo nello stretto campo delle relazioni fra uomo e donna in cui l’abbiamo confinato. Agricoltura e allevamento, ad esempio, sono due settori inscindibili e interconnessi, la cui separazione porta innumerevoli guai. E’ il classico esempio di fattori complementari: insieme funzionano alla perfezione, aiutandosi e integrandosi l’uno con l’altro. Divisi creano problemi di difficile soluzione.

Andare per borgate 5

Per godere al massimo della nostra gita nella montagna degli uomini dobbiamo aggiungere all’attività fisica alcuni altri ingredienti. Uno è senz’altro la conoscenza del territorio e delle sue componenti culturali, l’altro è l’immaginazione.
Le due facoltà sono complementari, l’immaginazione senza conoscenza è pura fantasia, la conoscenza senza immaginazione resta sterile e diventa nozionismo. Capire, studiare e ricercare ci aiuta anche a dare dimensioni realistiche alla nostra capacità di immaginare e immedesimarsi.

Andare per borgate 4

Non esiste un censimento delle borgate abbandonate delle valli del cuneese. E non esiste neppure la percezione di quanto questo patrimonio sia immenso, sconosciuto e in pericolo. Da una quarantina d’anni passo una buona fetta del mio tempo libero a girovagare per sentieri e mulattiere, ma sono ancora molto lontano dal conoscerlo a fondo. Trovo ancora sempre nelle mie gite l’angolo mai visto, il gruppo di case di  cui non sospettavo l’esistenza, il particolare architettonico nascosto, lo scorcio inaspettato.

Andare per borgate 3

Chi va a spasso per borgate, oltre al consueto bagaglio dell’escursionista (zaino con panini e borraccia, macchina foto, scarponcini) deve portarsi dietro anche altre cose meno materiali ma altrettanto importanti.
La prima è senz’altro il rispetto. Rispetto per le proprietà, per gli oggetti, per case, prati, cortili, per il lavoro altrui, per la vita e la storia passata fra quei muri, per la fatica e l’arte di chi li ha costruiti. Rispetto che ci impedisce di varcare soglie, di invadere spazi, di aprire porte chiuse: insomma, di comportarci da padroni o invasori

Andare per borgate 2

Andare per borgate è il contrario di certe passeggiate in quella periferia diffusa che ha sostituito la campagna a fare da intermezzo ai nostri paesi. Lì ci muoviamo fra continue costruzioni e infrastrutture e sovente dobbiamo camminare per delle mezz’ore per trovare qualche scampolo di prato rinsecchito sfuggito alla frenesia edificatoria attuale. Le borgate, invece, appaiono dopo lunghi percorsi nei boschi, spesso come visione improvvisa, macchie di pietra e lose che emergono fra gli alberi e i prati.

Andare per borgate 1

Quando penso alla montagna, non mi viene in mente la piramide del Monviso innevato o il profilo inconfondibile del Corno Stella e neppure il calcare rosa delle Dolomiti o le immagini da cartolina del Bianco e del Cervino. La montagna “vera”, per me, è quella in cui vivono o vivevano donne, uomini e animali. La montagna antropizzata, per usare una parola poco comune ma precisa, quella fatta di sentieri, borgate, case, stalle, fienili, prati, alberi da frutto e da legna. E naturalmente, delle persone che la abitavano e ancora la abitano nel quotidiano e delle loro relazioni e attività, materiali e spirituali.

Passeggiate e Movimenti

Senza che ce ne accorgiamo, l’Italia si rimpicciolisce ogni giorno. La sua superficie libera si riduce una velocità media di 8 metri quadri al secondo. Ogni ora spariscono oltre sette giornate piemontesi, 2,8 ettari. Ogni giorno, a mezzanotte, se ne sono andati per sempre quasi 70 ettari. E questo capita per 365 giorni all’anno da oltre cinquant’anni, per la precisione dal 1956.