Pubblicati da Lele Viola

Prima persona singolare

Cambiare è un verbo difficile, soprattutto se coniugato alla prima persona singolare (la seconda, come capita spesso, è molto meno problematica, la terza, tutto sommato, ci vede spettatori paganti, ma non attori).
E’ un verbo necessario, anzi, “ineludibile”, come titolava l’editoriale della scorsa settimana. Lo spiegava già nell’Ottocento Charles Darwin, anche se con termini diversi: chi non cambia resta spesso travolto dalla piena del cambiamento che lo circonda ed è destinato ad affogare.

Trilogia del rottamatore

Rottamare, rottamazione, rottamatore sono brutti neologismi figli di una società dello spreco, dell’usa e getta, del vuoto a perdere e dell’obsolescenza programmata. Sono anche una bestemmia contro l’ambiente, il lavoro contenuto negli oggetti e la povertà sempre troppo (e troppo inegualmente) diffusa.
Quando poi si pretende di rottamare uomini e idee, il verbo assume aspetti sinistri e preoccupanti. Per questo, senza alcun riferimento a cose o persone di pubblica notorietà, mi è venuto voglia di giocare un po’ con queste parole dissonanti, facendomi aiutare da due branche del moderno sapere scientifico di cui, naturalmente, conosco ben poco e da una disciplina umanistica che è ancora più lontana dal mio settore di teorica competenza.

Lanterne magiche e fili di seta

Bonaventura Nicolis conte di Brandizzo è stato Intendente Generale (una carica simile a quella dell’attuale Prefetto) dal 1750 al 1763 e ci ha lasciato una lunga Relazione “su ogni città e terra posta nella provincia di Cuneo”. Un documento di 800 pagine scritte di suo pugno e conservato nella Biblioteca Reale di Torino che arriva a noi grazie alla pazienza “certosina” della signora Angelberga Rollero Ferreri e all’opera di supervisione di Giuseppe Griseri. Un lavoro di trascrizione degno degli antichi amanuensi, frutto di innumerevoli viaggi a Torino, di panini mangiati in fretta e di lunghe ore alla macchina da scrivere, in epoche lontane dalle scorciatoie digitali.

In viaggio per archivi 10,11,12

Come abbiamo visto in precedenza, nel 1800 a Castelmagno saliva regolarmente un giudice conciliatore per risolvere le numerose liti fra gli abitanti.  Così in archivio troviamo sentenze relative a un attrezzo prestato e non restituito, a minuscoli debiti non pagati, a qualche albero tagliato abusivamente. Cose talmente piccole che ora ci fanno sorridere e ci sembrano il retaggio di una società povera e delle classiche beghe di paese. Ma prima di liquidarle con aria di commiserazione, vale forse la pena riflettere un attimo sul significato di queste “curiosità”.

In viaggio per archivi 7,8,9

Una montagna sovrappopolata che, pur con una buona capacità di sfruttare a fondo le risorse e con quantità di fatica oggi impensabili, non riusciva a nutrire tutti i suoi abitanti: questa è in estrema sintesi la realtà delle nostre valli fino a novecento inoltrato. Per sopravvivere bisognava emigrare, cercando altrove quello che non si poteva trovare a casa propria.
L’emigrazione stagionale è sempre stata un fenomeno connaturato con le caratteristiche dell’agricoltura montana di un tempo, che richiedeva enormi quantità di lavoro nel breve periodo estivo, ma obbligava a lunghi mesi di quasi inattività invernale. Scendere in pianura o andare all’estero nella brutta stagione era il modo per procurarsi da mangiare, ottenere un po’ di denaro e contemporaneamente occupare il tempo morto dei mesi freddi. Spesso era questione di vera e propria sopravvivenza, come ci raccontano i numeri delle produzioni agricole.

In viaggio per archivi 4,5,6

Attraverso i resoconti annuali della settecentesca tassa sul sale possiamo vedere, sullo sfondo, una società sempre più povera e affamata e uno stato, quello dei Savoia, che dalla lontana Torino attua una politica di rigore e di crescente controllo burocratico, contribuendo all’aggravarsi della crisi.
Se non facciamo caso alle date e operiamo le opportune traduzioni relative al contesto, ci possiamo rendere conto che si tratta di storie vecchie, ma sempre attuali. Cambiano modalità, strumenti, metodi, ma la sostanza rimane: uno stato che nei momenti difficili, invece di seguire la logica e rilanciare l’economia abbassando le tasse, si accanisce a spremere i cittadini facendo incancrenire la crisi, con risultati suicidi, oltre che dolorosi.

In viaggio per archivi 1,2,3

Dopo l’invito ad allacciarsi gli scarponi e ad andare per borgate, vorrei proporre adesso un’altra breve serie di passeggiate, più adatte al rigore dei mesi invernali e fattibili anche in caso di condizioni meteorologiche avverse.
Un viaggio di carta, fatto di volumi rilegati e di fogli sparsi, spesso lacerati dal tempo e consunti dall’uso. Una passeggiata che, come ogni viaggio, richiede fantasia e pazienza, ma che non si basa su storie fantastiche o inventate, bensì su documenti molto concreti e pratici, spesso anche un po’ noiosi, al confine fra la burocrazia e la storia, tra l’ordinaria amministrazione e gli eventi spesso tragici o drammatici che hanno sempre fatto da contorno alle nostre esistenze.

Torcicolli d’autunno

Invecchiando, ci può capitare di essere colpiti da una strana forma di artrosi che tende a farci girare la testa indietro. Visto che le nostre personali previsioni atmosferiche a breve termine annunciano nebbie in aumento e perturbazioni minacciose, e il futuro più lontano si intravede ricco di preoccupazioni e acciacchi e povero di speranze, possiamo essere tentati di trovar rifugio nel passato.
La patologia, oltre a colpire le vertebre cervicali, ha strani effetti anche sulla vista, provocando una forma anomala di daltonismo che altera i colori facendoci vedere rosa il passato, grigio il presente e nero il futuro.

Cassette di risparmio

Quando, nello scorso millennio, frequentavo le elementari si faceva tutti gli anni la Giornata del Risparmio. Nell’occasione, ricordo che una volta una banca locale ci aveva regalato dei piccoli salvadanai metallici con una stretta fessura per infilarci i soldini. Il fondo aveva una serratura, ma la chiave non era stata consegnata insieme alla cassetta: si poteva svuotare solamente in filiale. Lo scopo propagandato era l’educazione al risparmio; quello vero, naturalmente, era acquisire nuovi, giovanissimi clienti per quella che allora era l’unica banca del paese.

Piazze e tangenziali

Con piazza foro Boario ho un rapporto d’affetto che risale ai lontani anni sessanta.
I muggiti dei vitelli scaricati dai camioncini mi hanno fatto compagnia per cinque anni alternandosi alle voci dei professori nelle classi del seminario adiacenti alla piazza. Solo un vetro sottile, d’inverno velato di umidità, e le sbarre d’ordinanza ci separavano da bovini, commercianti e macellai