Pubblicati da Lele Viola

Relazione del Brandizzo 5 Borgo san Dalmazzo

Brandizzo 5   Borgo Per chi, come me, ha radici nella Borgo dello scorso millennio, la parola “vicario” si identifica con don Viale Raimondo, il “prete giusto” raccontato da Nuto Revelli. Quand’ero bambino, negli anni sessanta, don Viale era per tutti i borgarini “nost Vicari” e il termine si era sovrapposto talmente all’uomo da fondersi con […]

Relazione del Brandizzo 2,3,4 Cuneo

Brandizzo 2 Cuneo (prima parte) Alla metà del Settecento, Cuneo aveva 12500 abitanti, meno di un quarto rispetto ai 56.116 residenti del 2015. Le famiglie, chiamate allora “fuochi”, erano 2822. Il territorio del comune si estendeva per 31.583 giornate piemontesi. Ad eccezione delle 300 giornate occupate da edifici (metà nel concentrico e metà nelle frazioni […]

Città e paesi della Provincia di Cuneo nella Relazione del Brandizzo

Brandizzo 1 Introduzione Bonaventura Ignazio Nicolis conte di Brandizzo era un tipo preciso, forse anche pignolo, ma di certo non era un burocrate, almeno non nell’accezione negativa che diamo oggi al termine. Di mestiere faceva l’Intendente generale, carica che nel Settecento corrispondeva a quella dell’attuale Prefetto della Provincia, ma con molti più poteri rispetto ai […]

Breve viaggio nei beni comuni

Breve viaggio nei beni comuni 1 C’è un filo conduttore che lega gli Statuti quattrocenteschi, la storia dei nostri paesi, l’unica donna ad aver vinto il Nobel per l’economia e le grandi riflessioni e speranze espresse nell’Enciclica Laudato sii: i beni comuni. Vale la pena fare un breve viaggio cercando di ritrovare questo filo conduttore, […]

In debito con la Grecia

Democrazia è una parola che ci hanno regalato i greci, ce lo ricorda l’etimologia che associa il governo al popolo, fondendo due termini prima di allora considerati inconciliabili. È tipico del greco antico costruire parole composte, sposando fra loro pezzi diversi che si amalgamano fino a diventare una cosa sola, un concetto nuovo che prima non esisteva: demo-crazia, eco-nomia, eco-logia, filo-sofia.

Catterina Damiano, testimonianze

La memoria e la disponibilità di Catterina Damiano ci regalano, oltre alle favole di cui ho riportato qualche stralcio, anche molti altri tesori preziosi: i ricordi dell’infanzia, i giorni terribili della guerra, le tecniche agricole del passato, o anche piccoli episodi di vita quotidiana, avvenimenti inconsueti rimasti impressi per decenni nella memoria. È difficile scegliere qualche brano, anche perché ogni pagina di quaderno e ogni momento delle registrazioni nasconde una storia da raccontare, che meriterebbe spazio, tempo e parole.

Catterina Damiano, favole

L’Ambourné è una borgata alta di Monterosso, in val Grana. Il nome deriva, forse, da quello di una pianta, l’amboùrn, il maggiociondolo, dai bei fiori gialli che nascondono un’anima velenosa. Il legno è flessibile, era usato per costruire racchette da neve o per le parti interne dei pollai.

Una storia da raccontare (di Esterina Parola)

Esterina Parola era una persona speciale. Nata nel 1930, staffetta partigiana negli anni della guerra, titolare col marito prima del negozio e dell’osteria, poi dell’albergo del paese, era soprattutto la memoria storica di una comunità.

Diritto di parola

Di montagna dovrebbero parlare i montanari. In un mondo ideale ognuno dovrebbe limitarsi a comunicare ciò di cui ha una reale esperienza di vita. Questo vale soprattutto per parole che sono accompagnate dal peso del consiglio, del giudizio, del tentativo più o meno velato di condizionamento. Chi non ha provato sulla sua pelle condizioni di fatica, frustrazione, disagio, emarginazione, rabbia, strettamente collegate con la vita e l’agricoltura in montagna, non si è guadagnato il diritto di parola, ma solo quello di chiacchiera.

Ripensare i parchi (2)

La protezione della natura in montagna deve liberarsi di preconcetti ed equivoci e superare l’impostazione, ormai datata, del non utilizzo, della wilderness e della contrapposizione fra ambiente, uomo ed economia. Deve quindi essere completamente ripensata, partendo non più dal punto di vista del cittadino, che usa la montagna come valvola di sfogo e compensazione per lo squallore della quotidianità urbana, ma da quello di chi in montagna ci vive, traendone i mezzi di sussistenza. Anche questa, però, non deve essere una contrapposizione: non c’è nessun conflitto di interessi, tutti traggono giovamento da un’attenzione globale e non puntiforme a tutto l’ambiente e il paesaggio.