Ordinati Vignolo 1770-2: un esattore rurale e illetterato

Nei verbali dei consigli di Comunità di fine Settecento, oltre alle nomine di nuovi amministratori e relativi giuramenti, uno degli argomenti ricorrenti, capace di occupare una parte consistente delle tante pagine ingiallite degli Ordinati, sono le variazioni delle denunce del sale.
Il Quinternetto della consegna del sale, compilato a cura del Gabellotto che aveva vinto l’appalto per la distribuzione e riscossione dell’allora prezioso (e tassato) alimento è un’ottima fonte di informazioni, capace di compensare la mancanza di una vera anagrafe. Ai Savoia, allora, non sembravano interessare le persone, se non quando diventavano contribuenti o soldati e affidavano alle parrocchie le registrazioni di nascite, morti, matrimoni. Lo stesso Brandizzo, Intendente Generale della nostra Provincia e autore di una straordinaria Relazione nel 1753, a cui non sfuggiva una capra o un’emina di segale, non aveva la più pallida idea di quanti fossero gli abitanti dei comuni amministrati. Proprio lui, così preciso sulle superfici e sulle rese agricole, scrive che Vignolo “conterrà tra grandi e piccoli a relazione del curato del Luogo, 150 anime”, mentre a Cervasca le anime, a detta del parroco sarebbero mille. Numeri entrambi vistosamente approssimati e pure errati per difetto di un buon cento per cento.
Così, se vogliamo sapere qualcosa di preciso su persone, famiglie e anche animali, che vivevano un tempo nei nostri paesi, dobbiamo basarci sulle Consegne del sale, che oltre a cifre esatte, ci forniscono nomi e molte altre informazioni preziose. Può sembrarci strano che il sale sia stato per secoli una delle principali risorse fiscali dello stato sabaudo, ma era allora uno dei pochi beni che sfuggissero alla possibilità dell’autoproduzione, necessario, oltre che a persone e animali, anche per la conservazione degli alimenti e per fare formaggi.
Per evitare il fiorente contrabbando (che arricchiva in quei tempi molti “particolari” di Limone e dintorni) ogni famiglia era obbligata a comprare sale in proporzione alle “bocche umane, bovine, lanute, caprine, porcine, asinine e cavalline” e quindi nei Quinternetti del sale abbiamo una fotografia precisa non solo della popolazione, ma anche del patrimonio zootecnico dell’epoca.
Ma, allora come oggi, le persone nascono e muoiono, emigrano e ritornano, si sposano e fanno figli. E gli animali si comprano e si vendono. Cambiamenti continui, che dovevano essere registrati per tenere aggiornati i dati delle Consegne, e che quindi troviamo spesso in coda ai verbali dei consigli di Comunità. Molto spesso le riunioni terminavano proprio con le annotazioni in aumento o in diminuzione delle quantità di sale prescritte. Così possiamo sapere che una tale famiglia era tassata di più perché aveva acquistato “un quinto di bestia porcina” (probabilmente in società con altre quattro famiglie), oppure che una tale persona era tassata meno perché “si era resa defunta” o “absentata”, cioè trasferita in altro comune. I diversi gradi di povertà comportavano minori obblighi di acquisto e i “miserabili” erano esentati del tutto. Accanto a quest’ultima qualifica, già di per sé poco simpatica, ne compaiono spesso altre, che oggi troveremo decisamente offensive come “storpio”, “fabioco” o “quasi mentecato”.
Un cenno merita la figura dell’esattore, che allora ancor più di oggi, era malvista, temuta e disprezzata. Il “gabellotto” in quei tempi in cui pochissimi sapevano leggere e scrivere, era spesso un intermediario disonesto, che approfittava del suo potere, della paura dell’autorità e dell’ignoranza della gente per arricchirsi. Era tenuto a versare allo stato una certa cifra e tutto quello che poteva arraffare in più se lo teneva. Gli appalti per l’assegnazione dell’incarico si assegnavano, come d’abitudine allora, con aste pubbliche “all’estinto della candela”, molto combattute e appannaggio dei pochi che sapevano compilare un Quinternetto e offrire le garanzie economiche richieste.
Proprio per questo stupisce e desta anche ammirazione la figura di Pietro Mattalia, gabellotto ed esattore a Vignolo per un lungo periodo. Nella seduta del 13 marzo 1778 il sindaco Stefano Bruna riferisce che il Mattalia “ha presentato un partito gratis” e “non potendo essercene altri più vantaggiosi fa istanza” perché sia accettato. Il consiglio accoglie di buon grado la proposta, perché “sebbene il suddetto Pietro Mattalia sia persona rurale e lavorator di campagna” ha già da alcuni anni fatta l’esazione della taglia “con universale gradimento e soddisfazione”.
Non mi era mai capitato, in molti anni passati a curiosare in vecchi documenti d’archivio, di imbattermi in un esattore di estrazione davvero popolare, addirittura “rurale e lavoratore di campagna”, che sebbene “persona illetterata” abbia esercitato lo sgradevole compito con onestà, comprensione e “universale gradimento”. A leggere le ricorrenti citazioni, il Mattalia sembra persona davvero disinteressata, attenta alle esigenze dei concittadini e molto benvoluto da popolazione e amministratori. L’anno seguente viene riconfermato con il medesimo giudizio: “sebbene sia lavoratore di campagna, resta però persona di tutta probità e buoni costumi”.
Anche negli anni seguenti l’incarico di esattore è assegnato all’unanimità al Mattalia e nel 1782 il suo concorrente per l’assegnazione dell’appalto, il notaio Maccagno, ritira addirittura la sua candidatura “per aderire ai voleri degli amministratori” e probabilmente, per non doversi vedere sconfitto, lui potente notaio da una “persona rurale”.
Il Mattalia, intanto, definito all’inizio persona illetterata, deve aver imparato a leggere e scrivere, almeno a giudicare da un testo allegato al registro dei verbali che sembra di suo pugno. E il suo esempio deve aver fatto scuola: sempre in quel periodo il sindaco propone come gabellotto del sale Giacomo Girardo, anche lui “persona illetterata” ma “con in casa il figlio Giovanni” in grado di aiutarlo nella compilazione dei registri. Il consiglio approva la scelta del Girardo, pur definendolo “persona idiota”, termine che oggi sarebbe considerato offensivo e del tutto inadatto a sancire l’attribuzione di un importante incarico.

Pubblicato su La Guida del 31-5-023