Sutina 1: l’orto di casa in tempi di siccità

Il solstizio, da noi legato alla festa di san Giovanni, è appena passato, ma sembra già di essere in estate inoltrata, con caldo torrido e clima secco persistente. Nei giorni scorsi ha fatto finta di piovere un paio di volte, ma è stata una breve illusione, subito cancellata dal vento che ha asciugato le poche gocce d’acqua cadute. La terra ha sete, le colture hanno sete, anche noi cerchiamo l’ombra e il fresco e ringraziamo il cielo di avere ancora acqua nei rubinetti e sulla tavola.
Il piemontese “sutina” rende molto meglio l’idea dell’italiano “siccità”, ma la sostanza non cambia e fa paura. Manca l’acqua, manca la pioggia, che è da sempre il sistema naturale di bagnare le piante, irrigare il terreno e rifornire le falde. Mancano le grandi riserve di neve invernali sulle montagne, quel bianco visibile dalla pianura fino a estate inoltrata che garantiva la materia prima a fiumi, sorgenti e acquedotti. “Quando la Bisalta perde tutto il bianco della neve è ora di mietere il grano” mi diceva mio nonno quand’ero bambino, naturalmente nel piemontese d’ordinanza di quei tempi ormai lontani. Quest’anno, il verde ha sostituito il bianco sulla montagna che fa da sfondo alla pianura cuneese con oltre un mese di anticipo e la situazione di ghiacciai, nevai e torrenti alpini è già drammatica a estate appena iniziata.
Visto che lamentarsi e preoccuparsi serve a poco, dobbiamo fare il possibile per affrontare anche questa “emergenza” con responsabilità e cura, prima che si traduca, come d’abitudine, in imposizioni, decreti e norme. Il mondo si salva partendo dalle piccole cose e la libertà si conserva anche adottando spontaneamente comportamenti responsabili ed efficaci.
Se viviamo in campagna, possiamo, ad esempio, mettere in atto strategie per minimizzare i consumi idrici delle colture e quantomeno, farle sopravvivere. Per l’orto casalingo un buon sistema è la pacciamatura verde con residui vegetali che coprono il terreno limitando le perdite per evaporazione. Un metodo che concima in modo naturale, blocca la nascita di erbacce e, nello stesso tempo, impedisce la risalita dell’acqua del terreno e la successiva trasformazione in vapore. Un modo naturale di proteggere dal secco i nostri preziosi ortaggi, molto migliore dei tristi teli di plastica, che in tempi brevi si disfano lasciando nel terreno residui dannosi e persistenti.
La tecnica non è certo nuova, conservo ancora un libricino di quasi mezzo secolo fa, scritto da un francese che aveva sperimentato un’agricoltura “sans arrosage” nella calda Provenza, usando residui vegetali trinciati e parzialmente fermentati. Un sistema che si presta bene soprattutto per le coltivazioni a file, come i pomodori, i fagioli o le patate, e che uso con soddisfazione da decenni. L’erba del prato, i residui di potatura e i rami trinciati vanno a finire nell’interfila di patate e ortaggi coprendo tutto il terreno con uno strato che trattiene l’umidità, permette di camminare senza far danni, impedisce la germinazione delle infestanti e col tempo si degrada, trasformandosi in preziosa sostanza organica.
La lotta alla “sutina” nell’orto casalingo si può combattere da due fronti: cercare di minimizzare le perdite idriche delle colture e recuperare per l’irrigazione l’acqua che normalmente andrebbe persa.
In primo luogo, naturalmente, si deve accumulare l’acqua piovana, proveniente dai vari tetti e raccolta dalle grondaie. A questo scopo sarebbe importante, già in fase progettuale, separare le acque meteoriche da quelle grigie domestiche, contenenti detersivi e altre impurità e raccogliere la pioggia in cisterne o altri depositi di dimensioni adeguate. Per chi abita in collina o montagna è poi possibile sfruttare la pendenza del terreno, immagazzinare l’acqua in alto e farla arrivare alle colture per semplice gravità. I tubi microforati lungo le file di ortaggi permettono di tener umido il terreno senza sprecare acqua, evitando l’altalena di eccessi e carenze idriche che possono dare problemi (ad esempio, il marciume apicale dei pomodori deriva spesso da questi stress di mancanza d’acqua seguita da irrigazioni troppo abbondanti).
In annate normali, per il nostro orto casalingo sulle colline di Cervasca l’acqua piovana accumulata e reintegrata dai temporali estivi è sufficiente. Quest’anno stiamo ormai esaurendo le riserve e dobbiamo recuperare l’acqua di lavaggio delle verdure e quella usata per le esigenze quotidiane, purché priva di detersivi. Col senno di poi, rimpiangiamo di non aver pensato al momento della ristrutturazione della casa, a collegare un lavandino al sistema di recupero di acque piovane, in modo da poter raccogliere facilmente l’acqua “pulita” senza dover usare secchi, travasi e altri sistemi poco pratici.
Il primo comandamento di ogni persona che ama l’ambiente (preferisco non usare il termine “ecologista” per una mia personale allergia a tutti gli “ismi”) è il non sprecare e questa estate di sutina ci fa capire quanto sia importante usare bene e con parsimonia l’acqua che il cielo ancora ci regala.

Pubblicato su La Guida del 30 giugno 2022